venerdì 28 febbraio 2014





V per vendetta.
Non ho mai creduto alla favola che la vendetta è un piatto che si serve freddo.
Non c'è soddisfazione.
Non per me almeno.
Quando qualcosa mi fa arrabbiare, mi fa infuriare davvero,
quando qualcosa mi offende, devo dare libero sfogo alla mia ira.
Subito, non posso aspettare.
Non credo alle vendette calcolate,
sedimentate,
sopite,
lasciate languire,
per anni.
è come dare un pugno al rallentatore.
o buttare acqua su un incendio già spento.
Dov'è il fuoco?
Dov'è la rabbia??
Chi cazzo ha rubato il mio accendino per dare fuoco a tutta la mia emotività repressa??
Un piatto freddo non mi riesce a saziare,
sono una carnivora emozionale,
devo piantarci i denti e veder scorrere il sangue,
se ho voglia mangiare vegetariano vuol dire che la mia ira si è placata, e allora non è più vendetta.
Che piacere può dare una vendetta fredda come un piatto avanzato dalla sera prima?
Tanto vale gettare la spugna e anche il secchio.
Non posso aspettare che la febbre della mia ira scenda.
Il termometro sale ma è la mia voglia di vendetta che va a fuoco.

venerdì 21 febbraio 2014


Non credo agli oroscopi e non mi piace pensare che il destino esista.
Ma se quella sera qualcuno, guardando dentro la sfera di cristallo, mi avesse rivelato il futuro,
raccontandomi anche solo metà delle cose che sono accadute,
non ci avrei creduto.
Lo avrei chiamato pazzo e me ne sarei andata.
e invece...
e invece in questi anni è accaduto di tutto.
tanta acqua che è passata sotto i ponti,
tante cose che cambiano,
mille difficoltà,
storie,
panchine predestinate,
intrecci complicati,
serate instabili,
rientri barcollanti,
vedersi sempre con i minuti contati,
traslochi... tanti!
avventure,
bellezza impavida,
capitoli imperfetti, forse splendidi proprio per questo,
coincidenze magiche e indubbiamente fortunate,
adunate di pensieri messi nero su bianco, su biglietti stropicciati,
divisioni che uniscono - sembra un gioco di parole ma non lo è,
regressi indispensabili,
prendere la rincorsa non è mai facile,
colazioni violente e agrumi nauseanti,
quante chiacchiere di fronte a quegli scalini,
fiori di carta e telefoni senza campo,
... e tu che mi leggi nel pensiero. Sempre.
Ieri quando mi è suonato il telefono, beh... ho capito subito.
e ho distrutto il trucco smokey eyes in pochi minuti.
Ti voglio bene.
E non vedo l'ora di veder crescere il tuo pancione amica mia.

lunedì 10 febbraio 2014



La mia parola d'ordine per questo weekend è stata 'feeling like home'.
Tutto è cominciato in un venerdì come tanti, rientrando alla base dopo il lavoro.
L'autostrada e la musica. Pioggia battente e pensieri.
Arrivare a casa abbastanza presto, e uscire per fare merenda.
Il mio solito bar, con il solito bancone, il mio solito latte macchiato, seduta sul solito sgabello.
Il buio fuori.
Rientrare e trovare il tempo per crollare dieci minuti nel letto.
Rintanata sotto una coperta di ciniglia, abbandonare le ultime resistenze e cedere al sonno
Too cozy.
Svegliarsi di soprassalto, fottutamente in ritardo.
Poco tempo, mascara a go-go e matita nera come se non ci fosse un domani. Pronta per uscire.
Dieci minuti di strada e il parcheggio improvvisato sul piazzale del supermercato, il biglietto e siamo pronti.
Il Vox mi piace sempre tanto.
Riabbracciare la principessa bionda.
Le nostre chiacchiere.
Tutto intorno a noi è impazienza e rullo di tamburi.
Non ce ne accorgiamo.
O almeno fino a che la musica parte.
Ok, ci siamo.
Giù a rotta di collo.
Feeling like home.
E poi quella canzone.
Quella canzone mi farà sempre questo effetto.
Siamo fatti per insistere.
Non esiste nel mondo un altro posto dove mi sento così tanto 'a casa'.
Nel dopo-concerto, i camerini sotterranei del Vox sono caldi.
Ruvidi ma accoglienti come la pancia della balena. e noi siamo la bizzarra famiglia che vi abita.
Qualcuno racconta qualcosa, si beve, si chiacchiera, abbracci, ma a volte non c'è neanche il bisogno di parlare.
Le sigarette, i drink, le confessioni, le orecchie ignoranti, i miei stivali, la tua maglietta, i suoi tacchi alti, il grande raccordo Rubierese, le pizze senza glutine, la mia prima volta con il Gin-Lemon che giuro che non l'avevo mai assaggiato prima, gli appuntamenti mancati machissenefrega, l'Ikea, i racconti disgustosi che neanche in un film dell'orrore, i bagni devastati, il mio chiodo, l'indirizzo della borsa, tutti i nostri errori sono comunque belli, l'ombretto color ciclamino. Tanti progetti.
Uscendo c'è solo il tempo per gli ultimi abbracci, la promessa strappata di rivedersi presto.
Non sarà difficile mantenerla.