lunedì 31 ottobre 2011











Stamattina mi sono fermata a fare benzina. E anche a controllare il livello dell’olio.
Mi fermo sempre al solito posto, vicino all’ufficio, perché sono abitudinaria come una gatta.
É un distributore di quelli con annesso bar/tavola calda.
Uno di quei posti dove la mattina presto i trasfertisti si fermano a fare colazione.
E infatti eccoli lì. Un gruppetto di camionisti che con una mano reggono cappuccino e brioche e con l’altra si stropicciano gli occhi dopo la nottata trascorsa alla guida. I commenti sulla squadra del cuore, la gazzetta dello sport e qualche battuta pesante sulla formosa barista che li manda affanculo mentre distribuisce caffé a una velocità che neanche i neutrini del Cernis.
Arrivo liscia, parcheggio, scoperchio il cofano.
Uno del gruppetto degli autotrasportatori da di gomito all’amico, della serie ‘guarda quella... sarà la solita imbranata... tzé... femmine...’
É un tipo tarchiato e muscoloso, pelato, una specie di incrocio tra il genio della lampada di Aladino e il personaggio della pubblicità di Mister-Muscolo.
Bicipiti che esplodono sotto la maglietta e tatuaggi ben esposti.
Accento romano: “... che, te serve aiuto???”
“... no no grazie... faccio da sola...”

Astina dell’olio e carta per pulire. Mi piace saper fare le cose da sola, non aver bisogno di chiedere aiuto.
Misuro veloce, controllo. Ne manca un po’. (Non trovate che ci sia qualcosa di molto intimo e sessuale nel rapporto tra l’astina e la coppa dell’olio??)
Entro nel gabiottino del benzinaio a chiedere un kilo d’olio motore (per motori diesel, mi raccomando, eh!?) torno fuori,

verso lentamente il prodotto nel motore messo a nudo dal cofano aperto.
Ricontrollo, misuro di nuovo.
Poi serro il tappo.
Pigio forte con tutte e due le mani sul bordo del parafango anteriore per scuotere un po’ la macchina, il liquido di raffreddamento oscilla nel recipiente trasparente, il livello di quello é perfetto.
Chiudo tutto e entro a pagare.


I camionisti mi fissano, come se avessero visto un fenomeno da baraccone, con la brioche che gli é rimasta a mezz’aria tra la tazzina del caffé e la bocca aperta. Gli passo accanto uscendo, mentre mi pulisco le mani sporche di nero, quello più grosso mi guarda storto “ammazza... sei proprio un tipino delicato e bisognoso di cure tu, eh!!??”
Il tono é strafotente, ma in realtà per un attimo mi hanno considerata un po’ come una di loro, lo so.
Sfodero un sorrisone e me ne vado a lavorare. Un po’ più allegra.

Colonna sonora: Articolo 31 – La mia ragazza mena

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