venerdì 8 ottobre 2010


Happy Birthday Forum!!

Caro forum,
oggi compi 6 anni.

Sembra ieri che sei stato caricato online, invece é già passato tutto questo tempo, e nelle tue stanze, tra scatoloni, foto e un po’ di polvere, giorno dopo giorno si sono accumulati ricordi preziosi:
Risate, serate bellissime, momenti spensierati, progetti, bevute, amicizia, weekend, concerti, canzoni urlate a squarciagola, cocomeri sul lungomare, parcheggi notturni, giri di giostra, giochi di parole, pizze-alla-zingara, pizzerie allagate, cerchi-in-lega, geni-della-lampada e mangiatori di piante d’appartamento, er-topino, patate fritte mangiate con molta classe, strade troppo curve e cancellate notturne, telefoni three-band, corse, nottate interminabili, caffé presi in tutte le stazioni d’italia, rotelle di liquirizia e abbracci sui binari, pesanti scatoloni e magliette volanti, trottole di legno, rotonde sbagliate e rotonde giuste, letti a castello, sonniloquio, diari di bordo, ladri di biscotti in galera, sosia di famosi motociclisti, qualche sbronza clamorosa, bacardi-breezer, boccali di birra e birre scomparse, cartelloni per fans-club improvvisati ma non meno sinceri, una socia e una sister, la compagnia della bibita, camere portafortuna, viaggi, speranze, sogni, animali notturni, cocktail, momenti giocosi, bicchieri di vodka-lemon tutto-vodka e niente-lemon, mojiti che sembrano fatti con il basilico, acquisti di cinture, altalene, persone speciali, quanti-siamo-questa-sera, occhiali dimenticati, alberghi di montagna, l’ape-maia, pensieri, tormentoni, figuracce, giorni pieni di sole, giochi notturni, il gioco di macerata, sindaci molto pazienti, pesciolini-Nemo, incontri, scherzi, amici burloni, chiacchiere e discussioni meticolose, furti di locandine, aghi di pino e ghiaia dispettosa, colbacchi, cannucce, chiarimenti e profumo-da-borsetta, stelline incandescenti, tappi di bottiglie, bancarelle, auto smarrite in parcheggi pesaresi, scivolate e ruzzoloni, drag-queen, notti dormite in macchina, mummie, bandierine rosse sul lungomare, lupi arrabbiati e marmotte scherzose, libri monelli, alginato, scambi culturali, tangenziali, meduse, rientri all’alba, concorsi e premiazioni, caramelle spagnole, caramelle bellissime, nani rock da giardino, feste all’aperto, una-cosa-t’avevo-chiesto!, racconti, messaggi, panchine nervose, qualche lacrima, qualche bisticcio, un paio di litigate finite a spintoni, notti in spiaggia, bocche salate, abbracci ferocemente sinceri, bar-stool-girles, musica-musica-musica, e tantissima vita.

Non ricordo esattamente perché ho smesso di scrivere nella tua bacheca, preferendoti splinder, myspace, o altri spazi nel web, né quando questo é successo.
Quello che però ricordo perfettamente é la mia password, tanto che per ri-entrare mi é bastato un attimo: username – tabulatore – password - invio.
Click.
La serratura gira e la porta si spalanca.
Entro con passo incerto.
Il bancone di legno di mogano scuro della reception é sempre lì. Lucido ed elegante esattamente come lo ricordavo. Sulla parete dietro di lui dondolano alcune delle chiavi delle stanze, appese con il loro portachiavi d’ottone. Evidentemente molti abitanti dell’hotel oggi sono fuori.
Attraverso l’ingresso, sbircio con la coda dell’occhio i divani che tante volte hanno ospitato le nostre chiacchiere notturne davanti a una tazza di latte-e-biscotti, poco distante esplodono colorate come fuochi d’artificio le copertine di giornali, riviste patinate, periodici di musica, fumetti, pubblicazioni più o meno modaiole sparpagliate in un caos disordinato e vitale.
Supero il bar dove tante volte abbiamo fatto baldoria, con i suoi sgabelli, l’insegna al neon colorata e il frigorifero sempre stracolmo di cose buone e la porta metallica coperta di adesivi e calamite. I bicchieri da margarita sono allineati sulla mensola sempre pronti a far festa tintinnando nelle nostre mani.
Sfilo un’occhiata furtiva al jukebox ‘magico’ che contiene tutta la musica che ci piace e che parla di noi (e con il quale almeno una volta tutti ci siamo improvvisati deejay), é lì al suo posto, come sempre. Pronto ad animarsi da un momento all’altro.

Mi avvio verso il corridoio silenzioso. Anche la moquette soffice é come me la ricordavo.
Passo davanti a qualche stanza conosciuta, ma fuori é una bella giornata e in giro non si vede nessuno.
Stanza numero 6, il mio numero portafortuna. Sono arrivata. La mia chiave l’ho sempre portata con me durante tutto questo tempo: nella tasca della giacca, dei jeans, in borsa, con la sua consistenza metallica e il suo piccolo peso.
Come sarà la mia stanza? Sarà cambiata? Ci abiterà qualcun’altro? Sarà stata subaffittata? C’è un unico modo per saperlo. Giro la maniglia ed entro.
Il sole che filtra attraverso le persiane illumina appena il copriletto arancione, tutto é esattamente come l’avevo lasciato. Tu lo sapevi che sarei tornata, vero hotel? Del resto se non ho mai portato via la mia collezione di stivali, né i poster alle pareti, era segno inequivocabile che non fosse un ‘addio’ ma solo un ‘arrivederci’.

Mi guardo attorno, appoggio la borsa e le chiavi della macchina sul tavolo, spalanco la finestra e lascio entrare il profumo di maggio. L’odore buono del primo taglio del fieno.
La vista dalla mia finestra abbraccia tutta la geografia orizzontale della pianura.
Pochi metri più in basso, in giardino, Mojito (il gatto del MariachiHotel) si gode il sole, con gli occhi socchiusi ridotti a due fessure, acciambellato sulle scale dell’ingresso con il suo pelo nero-nero da assassino. Potrebbe sembrare addormentato, se non fosse per i movimenti ritmici della coda che tiene il tempo. Quel piccolo ruffiano peloso non sembra affatto dimagrito, del resto l’hotel é pieno di gattare che in mia assenza lo avranno sfamato riempiendogli quotidianamente la ciotola.

Lo stereo sulla mensola contiene l’ultimo cd che ho ascoltato prima di partire. Pigio il tasto ‘play’. ‘Messico e nuvole’ (nella versione cantata da Giuliano Palma) oscilla inaspettatamente nella stanza. Colonna sonora più perfetta non poteva esserci.
Mi butto sul letto, a occhi chiusi, con le braccia dietro la testa e le gambe incrociate.
E’ pomeriggio inoltrato e tra poco tutti gli abitanti dell’hotel rientreranno e nei corridoi cominceranno a sentirsi le risate e gli schiamazzi. E allora anch’io uscirò dalla mia stanza, percorrerò il lungo corridoio, per mescolarmi al loro vociare, e per riabbracciare vecchi e nuovi amici.
Ma prima voglio restare ancora qualche minuto così, fissare il soffitto, e godermi questo momento.

William Miller: “Devo tornare a casa.”
Penny Lane: “Tu sei a casa.”

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